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lunedì 30 settembre 2013

Il Papa: pace e gioia, non l'organizzazione, segno della presenza di Dio nella Chiesa.

I discepoli erano entusiasti, facevano programmi, progetti per il futuro sull’organizzazione della Chiesa nascente, discutevano su chi fosse il più grande e impedivano di fare il bene in nome di Gesù a quanti non appartenevano al loro gruppo. Ma Gesù – spiega il Papa – li sorprende, spostando il centro della discussione dall’organizzazione ai bambini: “Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi – dice - questi è grande!”. Così, nella Lettura del profeta Zaccaria si parla dei segni della presenza di Dio: non “una bella organizzazione” né “un governo che vada avanti, tutto pulito e tutto perfetto”, ma gli anziani che siedono nelle piazze e i fanciulli che giocano. Il rischio è quello di scartare sia gli anziani che i bambini. E duro è il monito di Gesù verso chi scandalizza i più piccoli:
“Il futuro di un popolo è proprio qui e qui, nei vecchi e nei bambini. Un popolo che non si prende cura dei suoi vecchi e dei suoi bambini non ha futuro, perché non avrà memoria e non avrà promessa! I vecchi e i bambini sono il futuro di un popolo! Quanto è comune lasciarli da parte, no? I bambini, tranquillizzarli con una caramella, con un gioco: ‘Fai, fai; Vai, vai’. E i vecchi non lasciarli parlare, fare a meno del loro consiglio: ‘Sono vecchi, poveretti’…”.
I discepoli – sottolinea il Papa - non capivano:
“Io capisco, i discepoli volevano l’efficacia, volevano che la Chiesa andasse avanti senza problemi e questo può diventare una tentazione per la Chiesa: la Chiesa del funzionalismo! La Chiesa ben organizzata! Tutto a posto, ma senza memoria e senza promessa! Questa Chiesa, così, non andrà: sarà la Chiesa della lotta per il potere, sarà la Chiesa delle gelosie fra i battezzati e tante altre cose che ci sono quando non c’è memoria e non c’è promessa”.
Dunque, la “vitalità della Chiesa” non è data da documenti e riunioni “per pianificare e far bene le cose”: queste sono realtà necessarie, ma non sono “il segno della presenza di Dio”:
“Il segno della presenza di Dio è questo, così disse il Signore: ‘Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. E le piazze della città formicoleranno di fanciulli e fanciulle che giocheranno sulle sue piazze’. Gioco ci fa pensare a gioia: è la gioia del Signore. E questi anziani, seduti col bastone in mano, tranquilli, ci fanno pensare alla pace. Pace e gioia: questa è l’aria della Chiesa!”.

domenica 29 settembre 2013

Oggi 29 Settembre festa dei Santi Arcangeli.

Oggi nella giornata del ricordo dei Santi Arcangeli,vogliamo ricordarli tutti e pregarli,affinché possano intercedere al PADRE nel loro Servizio Sacerdotale Regale nella LITURGIA CELESTE da loro celebrata,affinché noi possiamo essere sacrificio gradito a DIO Trino e Uno per mezzo del CRISTO nella potenza dello SPIRITO SANTO.AMEN.


San Michele Arcangelo prega per noi 
       

San Gabriele Arcangelo prega per noi 


San Raffaele Arcangelo prega per noi 


Sant' Uriel Arcangelo prega per noi 


San Jehudiel Arcangelo prega per noi 


San Sealtiel Arcangelo prega per noi 


San Barachiel Arcangelo prega per noi 

sabato 28 settembre 2013

Chiedere la grazia di non fuggire la Croce: così il Papa a Santa Marta.








Chiedere la grazia di non fuggire la Croce: questa la preghiera del Papa durante la Messa di stamane a Santa Marta. L’omelia ha preso lo spunto dal Vangelo del giorno in cui Gesù annuncia ai discepoli la sua passione. Il servizio di Sergio Centofanti:
“Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”: queste parole di Gesù –afferma il Papa – gelano i discepoli che pensavano a un cammino trionfante. Parole che “restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso” e “avevano timore di interrogarlo su questo argomento”: per loro era “meglio non parlare”, era “meglio non capire che capire la verità” che Gesù diceva:
“Avevano paura della Croce, avevano paura della Croce. Lo stesso Pietro, dopo quella confessione solenne nella regione della Cesarea di Filippo, quando Gesù un’altra volta dice questo, rimprovera il Signore: ‘No, mai, Signore! Questo no!’. Aveva paura della Croce. Ma non solo i discepoli, non solo Pietro, lo stesso Gesù aveva paura della Croce! Lui non poteva ingannarsi, Lui sapeva. Tanta era la paura di Gesù che quella sera del giovedì ha sudato il sangue; tanta era la paura di Gesù che quasi ha detto lo stesso di Pietro, quasi… ‘Padre, toglimi questo calice. Si faccia la tua volontà!’. Questa era la differenza!”.
La Croce ci fa paura anche nell’opera di evangelizzazione, ma – osserva il Papa – c’è la “regola” che “il discepolo non è più grande del Maestro. C’è la regola che non c’è redenzione senza l’effusione del sangue”, non c’è opera apostolica feconda senza la Croce:
“Forse noi pensiamo, ognuno di noi può pensare: ‘E a me, a me cosa accadrà? Come sarà la mia Croce?’. Non sappiamo. Non sappiamo, ma ci sarà! Dobbiamo chiedere la grazia di non fuggire dalla Croce quando verrà: con paura, eh! Quello è vero! Quello ci fa paura. Ma la sequela di Gesù finisce là. Mi vengono in mente le ultime parole che Gesù ha detto a Pietro, in quella incoronazione pontificia nel Tiberiade: ‘Mi ami? Pace! Mi ami? Pace!’… Ma le ultime parole erano quelle: ‘Ti porteranno dove tu non vuoi andare!’. La promessa della Croce”.
Il Papa conclude la sua omelia con una preghiera a Maria:
“Vicinissima a Gesù, nella Croce, era sua madre, la sua mamma. Forse oggi, il giorno che noi la preghiamo, sarà buono chiederle la grazia non di togliere il timore – quello deve venire, il timore della Croce… - ma la grazia di non spaventarci e fuggire dalla Croce. Lei era lì e sa come si deve stare vicino alla Croce”.

venerdì 27 settembre 2013

Il Papa: il cristiano non evita la Croce ma porta le umiliazioni con gioia e pazienza.


Sì, “ma fino a un certo punto”. Il pericolo della tiepidezza, di una fede fatta di calcoli e passi trattenuti, è sempre dietro l’angolo. E Papa Francesco la snida con il consueto argomentare, che non lascia spazio a scuse. Punto di partenza, il Vangelo di Luca, nel brano in cui Gesù chiede prima ai discepoli cosa dica la gente di Lui e poi cosa dicano loro stessi, fino alla risposta di Pietro: “Il Cristo di Dio”. “Questa domanda è rivolta anche a noi”, osserva il Papa, che elenca subito dopo una serie di risposte dalle quali trapela l’essenza di una fede matura per metà. “Per te chi sono io? Il padrone di questa ditta, un buon profeta, un buon maestro, uno che ti fa bene al cuore?” – che pure è “tutto vero”. Sono “Uno che cammina con te nella vita, che ti aiuta ad andare avanti, a essere un po’ buono?”. Sì, è vero, ma non finisce lì:
“E’ stato lo Spirito Santo a toccare il cuore di Pietro per dire chi è Gesù. Se è il Cristo, il Figlio di Dio vivo, è un mistero, eh? Chi può spiegare quello... Ma Lui l’ha detto. E se ognuno di noi, nella sua preghiera, guardando il Tabernacolo, dice al Signore tu: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo', primo non può dirlo da se stesso, deve essere lo Spirito Santo a dirlo in lui. E, secondo, preparati, perché Lui ti risponderà: ‘E’ vero’”.
Alla risposta di Pietro, Gesù chiede di non rivelarlo a nessuno e poi annuncia la sua Passione, la sua morte e la sua Risurrezione. E qui, Papa Francesco ricorda la reazione del capo degli Apostoli, descritta nel Vangelo di San Matteo, che dichiara: “Questo non ti accadrà mai”. “Pietro – commenta il Papa – si spaventa, si scandalizza”, né più né meno di tanti cristiani che dicono: “Mai ti succederà questo! Io ti seguo fino a qui”. Un modo, cioè – pungola Papa Francesco – di “seguire Gesù per conoscerlo fino a un certo punto”:
“E questa è la tentazione del benessere spirituale. Abbiamo tutto: abbiamo la Chiesa, abbiamo Gesù Cristo, i Sacramenti, la Madonna, tutto, un bel lavoro per il Regno di Dio; siamo buoni, tutti. Perché almeno dobbiamo pensare questo, perché se pensiamo il contrario è peccato! Ma non basta con il benessere spirituale fino ad un certo punto. Come quel giovane che era ricco: voleva andare con Gesù, ma fino ad un certo punto. Manca quest’ultima unzione del cristiano, per essere cristiano davvero: l’unzione della croce, l’unzione dell’umiliazione. Lui umiliò se stesso fino alla morte, morte di tutto. Questa è la pietra di paragone, la verifica della nostra realtà cristiana: sono un cristiano della cultura del benessere? Sono un cristiano che accompagna il Signore fino alla croce? Il segno è la capacità di portare le umiliazioni”.
Lo scandalo della Croce continua però a bloccare molti cristiani. Tutti – constata Papa Francesco – vogliono risorgere, ma “non tutti” intendono farlo per la strada della Croce. E anzi, si lamentano dei torti o degli affronti subiti, comportandosi all’opposto di ciò che Gesù ha fatto e chiede di imitare:
“La verifica se un cristiano è un cristiano davvero è la sua capacità di portare con gioia e con pazienza le umiliazioni; e come questa è una cosa che non piace... ci sono tanti cristiani che, guardando il Signore, chiedono umiliazioni per assomigliare più a Lui. Questa è la scelta: o cristiano di benessere – che andrai al Cielo, eh?, sicuro ti salverai, eh? – o cristiano vicino a Gesù, per la strada di Gesù”.

giovedì 26 settembre 2013

Papa Francesco: non si può conoscere Gesù in prima classe, bisogna coinvolgersi con Lui

GRANDE FRANCESCO... QUESTA E' L'UNICA STRADA!!!!

Per conoscere Gesù, bisogna coinvolgersi con Lui. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che Gesù non si può conoscere in “prima classe”, ma nella vita quotidiana di tutti i giorni. Quindi, ha indicato i tre linguaggi necessari per conoscere Gesù: “della mente, del cuore e dell’azione. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Chi è costui, da dove viene? Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dalla domanda che Erode si pone su Gesù. Un interrogativo, ha detto, che in realtà pongono tutti coloro che incontrano Gesù. E’ una domanda, ha affermato, “che si può fare per curiosità” o si “può fare per sicurezza”. E osserva che, leggendo il Vangelo, vediamo che “alcuni incominciano a sentire paura di questo uomo, perché li può portare a un conflitto politico con i romani”. “Ma chi è questo che fa tanti problemi?”, ci si chiede. Perché davvero, ha detto il Papa, “Gesù fa problemi”:
“Non si può conoscere Gesù senza avere problemi. E io oserò dire: ‘Ma se tu vuoi avere un problema, vai per la strada di conoscere Gesù. Non uno, tanti ne avrai!’. Ma è la strada per conoscere Gesù! Non si può conoscere Gesù in prima classe! Gesù si conosce nell’andare quotidiano di tutti i giorni. Non si può conoscere Gesù nella tranquillità, neppure nella biblioteca… Conoscere Gesù!”.
Certo, ha aggiunto, “si può conoscere Gesù nel Catechismo”, perché “il Catechismo ci insegna tante cose su Gesù”. E, ha detto, “dobbiamo studiarlo, dobbiamo impararlo”. Così “conosciamo il Figlio di Dio, che è venuto per salvarci; capiamo tutta la bellezza della storia della Salvezza, dell’amore del Padre, studiando il Catechismo”. E tuttavia, ha osservato, quanti hanno letto il Catechismo della Chiesa Cattolica da quando è stato pubblicato oltre 20 anni fa?
“Sì, si deve conoscere Gesù nel Catechismo. Ma non è sufficiente conoscerlo con la mente: è un passo. Ma Gesù è necessario conoscerlo nel dialogo con Lui, parlando con Lui, nella preghiera, in ginocchio. Se tu non preghi, se tu non parli con Gesù, non lo conosci. Tu sai cose di Gesù, ma non vai con quella conoscenza che ti dà il cuore nella preghiera. Conoscere Gesù con la mente, lo studio del Catechismo; conoscere Gesù col cuore, nella preghiera, nel dialogo con Lui. Questo ci aiuta abbastanza, ma non è sufficiente... C’è una terza strada per conoscere Gesù: è la sequela. Andare con Lui, camminare con Lui”.
Bisogna “andare, percorrere le sue strade, camminando”. E’ necessario, ha affermato, “conoscere Gesù col linguaggio dell’azione”. Ecco allora come si può conoscere davvero Gesù con questi “tre linguaggi - della mente, del cuore e dell’azione”. Se, dunque, “io conosco Gesù così – è stata la sua conclusione - mi coinvolgo con Lui”:
“Non si può conoscere Gesù senza coinvolgersi con Lui, senza scommettere la vita per Lui. Quando tanta gente - anche noi - si fa questa domanda ‘Ma chi è questo?’, la Parola di Dio ci risponde: ‘Tu vuoi conoscere chi sia questo? Leggi quello che la Chiesa ti dice di Lui, parla con Lui nella preghiera e cammina sulla sua strada con Lui. Così, tu conoscerai chi è quest’uomo’. Questa è la strada! Ognuno deve fare la sua scelta!”.

Vergogna,misericordia e preghiera!


La vergogna dinanzi a Dio, la preghiera per implorare la misericordia divina e la piena fiducia nel Signore. Sono questi i cardini della riflessione proposta da Papa Francesco mercoledì mattina, durante la Messa nella cappella di Santa Marta 

Nel commentare le letture della liturgia (Esdra 9,5-9; Luca 9, 1-6), il Santo Padre ha detto che, in particolare, il brano tratto dal libro di Esdra gli ha fatto pensare ai vescovi maroniti e, come di consueto, ha riassunto il suo pensiero intorno a tre concetti. Innanzitutto, l’atteggiamento di vergogna e confusione di Esdra davanti a Dio, fino al punto da non poter alzare gli occhi verso di lui. Vergogna e confusione di tutti noi per i peccati commessi, che ci hanno portato alla schiavitù poiché abbiamo servito idoli che non sono Dio.
La preghiera è il secondo concetto. Seguendo l’esempio di Esdra, che in ginocchio alza le mani verso Dio implorando misericordia, così dobbiamo fare noi per i nostri innumerevoli peccati. Una preghiera che, ha detto il Papa, bisogna elevare anche per la pace in Libano, in Siria e in tutto il Medio Oriente. È la preghiera sempre e comunque, ha precisato, la strada che dobbiamo percorrere per affrontare i momenti difficili, come le prove più drammatiche e il buio che talora ci avvolge in situazioni imprevedibili. Per trovare la via di uscita da tutto ciò, ha sottolineato il Pontefice, bisogna incessantemente pregare.
Infine, fiducia assoluta in Dio che mai ci abbandona. È il terzo concetto proposto dal Santo Padre. Siamo certi, ha detto, che il Signore è con noi e, pertanto, il nostro camminare deve farsi perseverante grazie alla speranza che infonde fortezza. La parola dei pastori diventerà rassicurante per i fedeli: il Signore non ci abbandonerà mai.

mercoledì 25 settembre 2013

Sante parole Francesco...Sante parole.


Il Papa all'udienza generale: la Chiesa è una dovunque nel mondo, no ai tentativi di “privatizzarla”

2013-09-25 Radio Vaticana
Dovunque andiamo nel mondo c’è una Chiesa sola per tutti. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, gremita di fedeli come di consueto ogni mercoledì mattina. Il Papa ha messo in guardia dal rischio di “privatizzare” la Chiesa per il proprio gruppo. “La Chiesa – ha detto salutando i pellegrini di lingua araba – non significa uniformità, ma la comunione nell’amore e nella testimonianza a Cristo”. Quindi, ha ribadito che le chiacchiere fanno tanto male alla Chiesa e la feriscono. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Bandiere di ogni nazione, persone dai tratti somatici più diversi, lingue di Paesi lontani che riecheggiano nella grande Piazza San Pietro. E’ l’immagine consueta del mercoledì all’udienza generale, ma questa volta assume un significato particolare perché Papa Francesco, rivolgendosi alle migliaia di pellegrini giunti a Roma per ascoltarlo, parla proprio di questo: una Chiesa sparsa in tutto il mondo, con 3 mila diocesi, che però è una, sempre la stessa per tutti. Come può avvenire questo, si chiede il Papa? E subito sottolinea che questa unità si trova “nella fede, nella speranza, nella carità”, nei Sacramenti che “come pilastri” sorreggono “l’unico grande edificio della Chiesa”:
“Dovunque andiamo, anche nella più piccola parrocchia, nell’angolo più sperduto di questa terra, c’è l’unica Chiesa; noi siamo a casa, siamo in famiglia, siamo tra fratelli e sorelle. E questo è un grande dono di Dio! La Chiesa è una sola per tutti. Non c’è una Chiesa per gli Europei, una per gli Africani, una per gli Americani, una per gli Asiatici, una per chi vive in Oceania, no è la stessa ovunque”.
E', ha detto, come in una famiglia: “si può essere lontani, sparsi per il mondo, ma i legami profondi che uniscono tutti i membri della famiglia rimangono saldi qualunque sia la distanza”. E cita l’esempio della Gmg di Rio, i giovani di tutto il mondo sulla spiaggia di Copacabana, dove “c’era una profonda unità, si formava un’unica Chiesa, si era uniti e lo si sentiva”:
“Chiediamoci tutti: io come cattolico sento questa unità? Io come cattolico vivo questa unità della Chiesa? Oppure non mi interessa, perché sono chiuso nel mio piccolo gruppo o in me stesso? Sono di quelli che 'privatizzano' la Chiesa per il proprio gruppo, la propria Nazione, i propri amici? E’ triste trovare una Chiesa privatizzata per questo egoismo e questa mancanza di fede, eh? E’ triste!”.
“Quando sento che tanti cristiani nel mondo soffrono – ha chiesto ancora – sono indifferente o è come se soffrisse uno di famiglia?”. E ancora: sono toccato nel cuore quando sento che “tanti cristiani sono perseguitati e anche danno la vita per la loro fede?".
“Vi faccio una domanda, ma non rispondete a voce alta, soltanto nel cuore. Quanti di voi pregate per i cristiani che sono perseguitati? Quanti? Ognuno si risponda nel cuore. ‘Io prego per quel fratello, per quella sorella, che è in difficoltà, per confessare e difendere la sua fede?’ E’ importante guardare fuori dal proprio recinto, sentirsi Chiesa, unica famiglia di Dio!”.
Ha cosi rivolto il pensiero alle ferite che noi stessi arrechiamo a questa unità. “A volte – ha riconosciuto – sorgono incomprensioni, conflitti, tensioni, divisioni che la feriscono e allora la Chiesa non ha il volto che vorremmo”. E, ha proseguito, “se guardiamo alle divisioni che ancora ci sono tra i cristiani” sentiamo “la fatica di rendere pienamente visibile questa unità”:
“Dio ci dona l’unità, ma noi spesso facciamo fatica a viverla. Occorre cercare, costruire la comunione, educarci alla comunione, a superare incomprensioni e divisioni, incominciando dalla famiglia, dalle realtà ecclesiali, nel dialogo ecumenico pure. Il nostro mondo ha bisogno di unità. E’ un’epoca in cui noi tutti abbiamo bisogno di unità, abbiamo bisogno di riconciliazione, di comunione e la Chiesa è Casa di comunione”.
Il Papa ha, così, indicato quali sono le strade della Chiesa per “conservare l’unità”: “umiltà, dolcezza e magnanimità”:
“La ricchezza di ciò che ci unisce! Eh, quella è una vera ricchezza: ciò che ci unisce, non ciò che ci divide. Quella è la ricchezza della Chiesa. Ognuno si chieda oggi: io faccio crescere l’unità in famiglia, in parrocchia, in comunità, o sono un chiacchierone, una chiacchierona, sono motivo di divisione, di disagio?”.
Alla Chiesa, ha aggiunto, fanno male le chiacchiere. Fanno male “alla Chiesa, alle parrocchie, alle comunità”:
“Le chiacchiere feriscono. Un cristiano, prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! Sì o no? Eh, mordersi la lingua! Quello ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare. Ho l’umiltà di ricucire con pazienza, con sacrificio, le ferite alla comunione?”.
Il Papa ha quindi concluso la sua catechesi sottolineando che è lo Spirito Santo il motore dell’unità della Chiesa”. Lo Spirito Santo, ha aggiunto, “è armonia, sempre fa l’armonia nella Chiesa: è un’unità armonica in tanta diversità di culture, di lingue e di pensiero”:
“E’ lo Spirito Santo il motore. Per questo è importante la preghiera, che è l’anima del nostro impegno di uomini e donne di comunione, di unità. La preghiera allo Spirito Santo, perché venga e faccia l’unità nella Chiesa”.

martedì 24 settembre 2013

“E se Lui,DIO,è entrato nella Storia di noi, entriamo anche noi un po’ nella Storia di Lui, o almeno chiediamo.Gli la grazia di lasciarci scrivere la Storia da Lui: che Lui ci scriva la nostra Storia. E’ sicura”.


“Andremo con gioia alla Casa del Signore”. Papa Francesco ha preso spunto dal Salmo di oggi, recitato dopo la Prima Lettura, per soffermarsi sulla presenza del Signore nella nostra vita. Una presenza che accompagna. Nella storia del Popolo di Dio, ha osservato il Papa, ci sono “momenti belli che danno gioia” e anche momenti brutti “di dolore, di martirio, di peccato”:
“E sia nei momenti brutti, sia nel momenti belli una cosa sempre è la stessa: il Signore è là, mai abbandona il Suo popolo! Perché il Signore, quel giorno del peccato, del primo peccato, ha preso una decisione, ha fatto una scelta: fare Storia con il Suo popolo. E Dio, che non ha Storia, perché è eterno, ha voluto fare Storia, camminare vicino al Suo popolo. Ma di più: farsi uno di noi e come uno di noi, camminare con noi, in Gesù. E questo ci parla, ci dice dell’umiltà di Dio”.
Ecco allora che la grandezza di Dio, ha soggiunto, è proprio la sua umiltà: “Ha voluto camminare con il suo Popolo”. E quando il suo Popolo “si allontanava da Lui con il peccato, con l’idolatria”, “Lui era lì” ad aspettare. E anche Gesù, ha detto, viene con “questo atteggiamento di umiltà”. Vuole “camminare con il Popolo di Dio, camminare con i peccatori; anche camminare con i superbi”. Il Signore, ha affermato, ha fatto tanto “per aiutare questi cuori superbi dei farisei”:
“Umiltà. Dio sempre aspetta. Dio è accanto a noi, Dio cammina con noi, è umile: ci aspetta sempre. Gesù sempre ci aspetta. Questa è l’umiltà di Dio. E la Chiesa canta con gioia questa umiltà di Dio che ci accompagna, come lo abbiamo fatto con il Salmo. ‘Andremo con gioia alla casa del Signore’: andiamo con gioia perché Lui ci accompagna, Lui è con noi. E il Signore Gesù, anche nella nostra vita personale ci accompagna: con i Sacramenti. Il Sacramento non è un rito magico: è un incontro con Gesù Cristo, ci incontriamo il Signore. E’ Lui che è accanto a noi e ci accompagna”.
Gesù si fa “compagno di cammino”. “Anche lo Spirito Santo – ha soggiunto – ci accompagna e ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, nel cuore” e “ci ricorda tutto quello che Gesù ci ha insegnato”. E così “ci fa sentire la bellezza della buona strada”. “Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo – ha ribadito Papa Francesco – sono compagni di cammino, fanno Storia con noi”. E questo, ha proseguito, la Chiesa lo celebra “con tanta gioia, anche nella Eucaristia” con la “quarta preghiera eucaristica” dove “si canta quell’amore tanto grande di Dio che ha voluto essere umile, che ha voluto essere compagno di cammino di tutti noi, che ha voluto anche Lui farsi Storia con noi”.
“E se Lui è entrato nella Storia di noi, entriamo anche noi un po’ nella Storia di Lui, o almeno chiediamo.Gli la grazia di lasciarci scrivere la Storia da Lui: che Lui ci scriva la nostra Storia. E’ sicura”.

lunedì 23 settembre 2013

23 Settembre,San PIO da Pietralcina.



Preghiera a San Pio da Pietrelcina del Santo Padre 
Giovanni Paolo II

Insegna anche a noi, ti preghiamo, l’umiltà del cuore per essere annoverati tra i piccoli del Vangelo ai quali il Padre ha promesso di rivelare il misteri del suo Regno.

Ottienici uno sguardo di fede capace di riconoscere prontamente nei poveri e nei sofferenti Il volto stesso di Gesù.

Sostienici nell’ora del combattimento e della prova e, se cadiamo, fa che sperimentiamo la gioia del sacramento del perdono.

Trasmettici la tenera devozione Verso Maria, madre di Gesù e nostra.

Accompagnaci nel pellegrinaggio terreno Verso la Patria beata, dove speriamo di giungere anche noi per contemplare in eterno la Gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

domenica 22 settembre 2013

Il Papa: senza lavoro non c'è dignità, l'idolo del denaro non comandi l'economia.

Giovani disoccupati, persone in cassa-integrazione e ancora imprenditori che fanno fatica ad andare avanti. La visita di Papa Francesco a Cagliari è iniziata da qui: dall’incontro con quanti, nel mondo del lavoro, vivono situazioni di sofferenza. Un incontro spesso interrotto dagli applausi e dal grido “lavoro”, nella piazza, e iniziato con le commoventi testimonianze di un’imprenditrice, di un agricoltore e in particolare di un giovane operaio disoccupato che, come un figlio ad un padre, ha confidato i suoi sentimenti:
“Le conseguenze più dure della carenza di lavoro sono a carico delle famiglie. Spesso la disgregazione tra i coniugi e le difficoltà di relazione con i figli sono conseguenza della grave crisi occupazionale nella quale siamo tristemente coinvolti. Papa Francesco, papà di noi tutti! Non lasciare che il gregge a te affidato venga disperso e sbranato da questo lupo cattivo che è la mancanza di speranza, che divora le nostre stesse vite. Non lasciarci soli!".
Visibilmente toccato da queste testimonianze, Papa Francesco ha deciso di non leggere il testo che aveva preparato, poi consegnato all’arcivescovo di Cagliari, ma di pronunciare un accorato discorso a braccio sulla dignità del lavoro e la centralità dell’uomo nell’economia. Il Papa è tornato con la memoria alle sue origini, a quando suo padre si era trasferito in Argentina ed aveva vissuto la sofferenza della disoccupazione a causa della grave crisi degli anni ’30:
“Hanno perso tutto! Non c’era lavoro! E io ho sentito, nella mia infanzia, parlare di questo tempo, a casa… Io non l'ho visto, non ero ancora nato, ma ho sentito dentro casa questa sofferenza, parlare di questa sofferenza. Conosco bene questo! Ma devo dirvi: Coraggio!”.
Ma, ha aggiunto, sono anche “cosciente che devo fare tutto”, “perché questa parola coraggionon sia una bella parola di passaggio!”:
“Non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della Chiesa che viene e vi dice: Coraggio! No! Questo non lo voglio! Io vorrei che questo coraggio venga da dentro e mi spinga a fare di tutto come Pastore, come uomo”.
Dobbiamo, ha detto, affrontare “con solidarietà e intelligenza” questa sfida storica. Poi ha osservato che le prime due visite in Italia, Lampedusa e ora Sardegna, sono state ad un’isola. “Nella prima - ha affermato - ho visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita, dignità, pane, salute: il mondo dei rifugiati”. E, ha aggiunto, “ho visto la risposta” di Lampedusa che, “essendo isola, non ha voluto isolarsi” e riceve la gente e fa il suo. Questo, ha detto, “ci dà un esempio di accoglienza: sofferenza e risposta positiva”. Anche a Cagliari, ha proseguito, “trovo sofferenza”:
“Una sofferenza che uno di voi ha detto che ‘ti indebolisce e finisce per rubarti la speranza’. Una sofferenza, la mancanza di lavoro, che ti porta - scusatemi sono un po’ forte, ma dico la verità - a sentirti senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità! E questo non è un problema della Sardegna soltanto - ma c'è forte qui! - non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Paesi di Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia; un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro”.
Dio, ha ribadito, “ha voluto che al centro del mondo, non sia un idolo”, ma l’uomo e la donna, “che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo”. Adesso invece, è stata la sua denuncia, “in questo sistema, senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatro” di questo dio-denaro:
“Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo. E cosa succede? Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi, cadono gli anziani, perché in questo mondo non c’è posto per loro! (…) E cadono i giovani che non trovano il lavoro, la dignità. Ma pensa, in un mondo dove i giovani - generazioni, due, di giovani - non hanno lavoro. Non ha futuro questo mondo. Perché? Perché loro non hanno dignità!
“E’ difficile avere dignità senza lavorare”, ha riaffermato, è “questa è la vostra sofferenza qui, questa è la preghiera che voi di là gridavate”:
“Lavoro”, “Lavoro”, “Lavoro”. E’ una preghiera, una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare! Per difendere questo sistema economico idolatrico si istaura la “cultura dello scarto”: si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”.
Noi, ha proseguito, “vogliamo un sistema giusto! Un sistema che ci faccia andare avanti tutti” e “non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male!”. Al centro sia “l’uomo e la donna, come Dio vuole, e non il denaro!” Papa Francesco ha riconosciuto che “è facile dire non perdere la speranza” eppure è necessario ribadire di non lasciarsi “rubare la speranza”. Questa, ha proseguito, “è come le braci sotto la cenere; aiutiamoci, allora, “con la solidarietà, soffiando sulle ceneri, perché il fuoco venga un’altra volta”. La speranza, ha soggiunto, non è ottimismo, “la speranza non è di uno: la speranza la facciamo tutti!” e va sostenuta “fra tutti, tutti voi e tutti noi che siamo lontani”. La speranza, ha aggiunto, “è una cosa vostra e nostra. E’ cosa di tutti! Per questo vi dico: 'Non lasciatevi rubare la speranza!'”.
“Ma siamo furbi, perché il Signore ci dice che gli idoli sono più furbi di noi. Il Signore ci invita ad avere la furbizia del serpente con la bontà della colomba. Abbiamo questa furbizia e diciamo le cose col proprio nome. In questo momento, nel nostro sistema economico, nel nostro sistema proposto globalizzato di vita, al centro c’è un idolo e questo non si può fare! Lottiamo tutti insieme perché al centro, almeno della nostra vita, sia l’uomo e la donna, la famiglia, tutti noi, perché la speranza possa andare avanti… “Non lasciatevi rubare la speranza!”.
Il Papa ha, infine, rivolto una commovente preghiera al Signore affinché doni lavoro e dignità alla gente della Sardegna, alle famiglie di Cagliari e di tutta l’isola:
“Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciare soli. Aiutaci ad aiutarci fra noi, che dimentichiamo un po’ l’egoismo e sentiamo nel cuore il “noi”, noi popolo, che vuole andare avanti. Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi”.

sabato 21 settembre 2013

Lo sguardo di Gesù cambia la vita.

Gesù guarda negli occhi Matteo, un esattore delle imposte, un pubblico peccatore. Il denaro è la sua vita, il suo idolo. Ma ora – afferma il Papa – sente “nel suo cuore lo sguardo di Gesù che lo guardava”:
“E quello sguardo lo ha coinvolto totalmente, gli ha cambiato la vita. Noi diciamo: lo ha convertito. Gli ha cambiato la vita. ‘Appena sentito nel suo cuore quello sguardo, egli si alzò e lo seguì’. E questo è vero: lo sguardo di Gesù ci alza sempre. Uno sguardo che ci porta su, mai ti lascia lì, eh?, mai. Mai ti abbassa, mai ti umilia. Ti invita ad alzarti. Uno sguardo che ti porta a crescere, ad andare avanti, che ti incoraggia, perché ti vuole bene. Ti fa sentire che Lui ti vuole bene. E questo dà quel coraggio per seguirlo: ‘Ed egli si alzò e Lo seguì’”.
Lo sguardo di Gesù – sottolinea il Papa – non è qualcosa di “magico: Gesù non era uno specialista in ipnosi”. “Gesù guardava ognuno, e ognuno si sentiva guardato da Lui, come se Gesù dicesse il nome … E questo sguardo cambiava la vita, a tutti”. Così ha cambiato Pietro, che dopo averlo rinnegato incontra il suo sguardo e piange amaramente. C’è poi l’ultimo “sguardo di Gesù sulla Croce: guardò la mamma, guardò il discepolo e ci ha detto, con quello sguardo, ci ha detto che la sua mamma era la nostra e che la Chiesa è madre. Con uno sguardo”. Poi ha guardato il Buon Ladrone e ancora una volta Pietro, “impaurito, dopo la Resurrezione, con quelle tre domande: ‘Mi ami?’. Uno sguardo che lo faceva vergognare. Ci farà bene pensare, pregare su questo sguardo di Gesù – sottolinea il Papa - e anche lasciarci guardare da Lui”. Gesù, ora, si reca nella casa di Matteo e mentre siede a tavola arrivano molti peccatori: “si era sparsa la voce. E tutta la società – ma non la società pulita – si è sentita invitata a quel pranzo”, come accade nella parabola del re che ordina ai servi di andare ai crocicchi delle strade per invitare al banchetto nuziale del figlio quanti incontreranno, buoni e cattivi:
“E i peccatori, pubblicani e peccatori, sentivano … ma, Gesù li aveva guardati e quello sguardo di Gesù su di loro io credo che sia stato come un soffio sulle braci, e loro hanno sentito che c’era fuoco dentro, ancora, e che Gesù li faceva salire, riportava loro la dignità. Lo sguardo di Gesù sempre ci fa degni, ci dà dignità. E’ uno sguardo generoso. ‘Ma guarda che Maestro: pranza con la sporcizia della città!’: ma sotto a quella sporcizia c’erano le braci del desiderio di Dio, le braci dell’immagine di Dio che volevano che qualcuno li aiutasse a farsi fuoco. E questo lo faceva lo sguardo di Gesù”.
“Tutti noi, nella vita – ha concluso il Papa - abbiamo sentito questo sguardo, e non una volta: tante volte! Forse la persona di un sacerdote che ci insegnava la dottrina o ci perdonava i peccati … forse nell’aiuto di persone amiche”:
“Ma, tutti noi ci troveremo davanti a quello sguardo, quello sguardo meraviglioso. E andiamo avanti nella vita, nella certezza che Lui ci guarda. Ma anche Lui ci attende per guardarci definitivamente. E quell’ultimo sguardo di Gesù sulla nostra vita sarà per sempre, sarà eterno. Io chiedo a tutti questi Santi che sono stati guardati da Gesù, che ci preparino a lasciarci guardare nella vita, e che ci preparino anche a quell’ultimo – e primo! – sguardo di Gesù”.


.....e li ...che il buon Francesco la ributta.... quante ne ha già dette per il popolo di DIO... chi ha orecchi per intendere intenda.

San Matteo,mio Santo e protettore.



Ef 4,1-7.11-13
Cristo ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere evangelisti.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Parola di Dio.


Mt 9,9-13
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.

Questa passo della lettura di ieri ci dona la profondità della misericordia e della preghiera che ci dona il Padre per conformarci al Suo volere.

1Timoteo 6,3-5

Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina secondo la pietà,costui è accecato dall'orgoglio, non comprende nulla ed è preso dalla febbre di cavilli e di questioni oziose. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi,i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la pietà come fonte di guadagno.

venerdì 20 settembre 2013

Fondamento della fede.

1Tm 6,2-12
Figlio mio, questo devi insegnare e raccomandare. Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina conforme alla vera religiosità, è accecato dall'orgoglio, non comprende nulla ed è un maniaco di questioni oziose e discussioni inutili. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la religione come fonte di guadagno.
Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell'inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti.
Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.



Papa Francesco: il volto di Cristo nei bambini non nati e negli anziani, primo diritto è la vita

Un sì “deciso e senza tentennamenti alla vita”. Lo ha lanciato Papa Francesco incontrando oggi i medici cattolici riuniti in questi giorni a Roma. “Una diffusa mentalità dell’utile”, la cosiddetta “cultura dello scarto”, che - ha detto il Pontefice – “oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o socialmente più deboli”:

“Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni anziano – ho parlato del bambino: andiamo agli anziani, altro punto - anche se infermo o alla fine dei suoi giorni porta in sé il volto di Cristo. Non si possono scartare, come ci propone la “cultura dello scarto”! Non si possono scartare!".
Va dunque ribadito – come riportato nella Dichiarazione sull’aborto procurato della Congregazione per la Dottrina della Fede - che “il primo diritto di una persona è la sua vita”. Nell’essere umano fragile, ha aggiunto il Santo Padre, “ciascuno di noi è invitato a riconoscere il volto del Signore, che nella sua carne umana ha sperimentato l’indifferenza e la solitudine a cui spesso condanniamo i più poveri, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nelle società benestanti”:
“Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo. Tante volte ci troviamo in situazioni in cui quello che costa di meno è la vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa”.
Con i medici cattolici, il Papa ha riflettuto sull’attuale momento storico, in cui si vive una “situazione paradossale” per la loro professione. Da una parte, ha notato, “constatiamo - e ringraziamo Dio - per i progressi della medicina, grazie al lavoro di scienziati che, con passione e senza risparmio, si dedicano alla ricerca di nuove cure”. Dall’altra, però, si riscontra “anche il pericolo che il medico smarrisca la propria identità di servitore della vita”. “Il disorientamento culturale - ha aggiunto - ha intaccato anche quello che sembrava un ambito inattaccabile”: la medicina. “Pur essendo per loro natura al servizio della vita - ha proseguito - le professioni sanitarie sono indotte a volte a non rispettare la vita stessa”. Citando l’Enciclica Caritas in veritate, il Pontefice ha ricordato invece che “l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”.
“La situazione paradossale si vede nel fatto che, mentre si attribuiscono alla persona nuovi diritti, a volte anche presunti diritti, non sempre si tutela la vita come valore primario e diritto primordiale di ogni uomo. Il fine ultimo dell’agire medico rimane sempre la difesa e la promozione della vita”.
In particolare per i ginecologi, il mandato è quindi quello di essere “testimoni e diffusori” della cultura della vita.
"Un tempo, alle donne che aiutavano nel parto le chiamavamo 'comadre': è come una madre con l’altra, con la vera madre, no? Anche voi siete 'comadri' e 'compadri': anche voi".
L’essere cattolici, poi, “comporta una maggiore responsabilità”, in particolare verso la cultura contemporanea: “contribuire a riconoscere nella vita umana - ha spiegato - la dimensione trascendente, l’impronta dell’opera creatrice di Dio, fin dal primo istante del suo concepimento":
“È questo un impegno di nuova evangelizzazione che richiede spesso di andare controcorrente, pagando di persona. Il Signore conta anche su di voi per diffondere il ‘vangelo della vita’”.
In questa prospettiva - ha detto il Santo Padre - i reparti ospedalieri di ginecologia “sono luoghi privilegiati di testimonianza e di evangelizzazione”, perché là dove la Chiesa si fa veicolo della presenza del Dio vivente, “diventa al tempo stesso” quello che la Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione della Congregazione per la Dottrina della Fede definisce “strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo”. In tale prospettiva, come notò Benedetto XVI nel suo discorso del 2012 all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, la struttura sanitaria diventa “luogo in cui la relazione di cura non è mestiere ma missione”.
L’auspicio finale del Papa ai medici è stato quello di ricordare “a tutti, con i fatti e con le parole”, che la vita “è sempre, in tutte le sue fasi e ad ogni età, sacra ed è sempre di qualità”. E non per un “discorso di fede - no, no - ma di ragione, per un discorso di scienza”:
“Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non esiste una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra. La credibilità di un sistema sanitario non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita è sempre sacra e inviolabile”.