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venerdì 29 aprile 2016

Festività di Santa Caterina da Siena -lei ci insegna obbedienza alla Santa Madre Chiesa-

Santa Caterina patrona d'Italia.... liberaci dalle mani del nemico infernale e dai suoi sudditi che ci governano,da tutti gli scismatici e farisei dei nostri giorni che attaccano di continuo il Santo Padre Papa Francesco (precursore del ritorno di Cristo!),i "tiepidi" (perché non lo siano più per non essere vomitati dalla bocca del PADRE,ma rinascano a nuova conversione desiderando il RITORNO di CRISTO.... e s'innalzi ogni istante l'inno Maranathà-Vieni Signore Gesù! Per coloro che soffrono).
Santa Caterina prega per noi!

Papa: cristiani siano persone di luce. No alla "doppia vita"

2016-04-29 Radio Vaticana







Un cristiano non percorre “strade oscure” perché lì non c’è “la verità di Dio”. Ma se anche vi cadesse, può contare sul perdono e la dolcezza di Dio, che lo restituisce alla vita della “luce”. Lo ha ribadito Papa Francesco commentando le letture del giorno durante l’omelia della Messa in Casa Santa Marta. Il servizio diAlessandro De Carolis:
 
Limpidi, come Dio. E senza peccato, perché non c’è errore riconosciuto che non attiri tenerezza e perdono dal Padre. “Questa è la vita cristiana”, sintetizza Papa Francesco commentando il brano della Lettera di San Giovanni, quella in cui l’Apostolo mette i credenti di fronte alla seria responsabilità di non avere doppiezza di vita – luce di facciata e tenebre nel cuore – perché Dio è solamente luce.
Cammina nella luce
“Se diciamo di non avere peccato, facciamo di Dio un bugiardo”, cita Francesco, ponendo in risalto l’eterna lotta dell’uomo contro il peccato e per la grazia:
“Se tu dici che sei in comunione con il Signore, ma cammina nella luce! Ma la doppia vita no! Quella no! Quella menzogna che noi siamo tanto abituati a vedere, anche a caderci pure noi. Dire una cosa e farne un’altra, no? Sempre la tentazione… La menzogna noi sappiamo da dove viene: nella Bibbia, Gesù chiama il diavolo ‘padre della menzogna’, il bugiardo. E per questo, con tanta dolcezza, con tanta mitezza, questo nonno dice alla Chiesa ‘adolescente’, alla Chiesa 'ragazza': ‘Non essere bugiarda! Tu sei in comunione con Dio, cammina alla luce. Fa opere di luce, non dire una cosa e farne un’altra, non la doppia vita e tutto questo”.
Più grande dei nostri peccati
“Figlioli miei” è l’inizio della lettera di S. Giovanni e questo incipit affettuoso – proprio il tono di un nonno verso i suoi “giovani nipoti” – riecheggia, osserva il Papa,  la “dolcezza” delle parole nel Vangelo del giorno, dove Gesù definisce “leggero” il suo giogo e promette il “ristoro” agli affaticati ed oppressi. In modo analogo, l’appello di Giovanni, afferma Francesco, è di non peccare, “ma se lo qualcuno lo ha fatto, non si scoraggi”:
“Abbiamo un Paraclito, una parola, un avvocato, un difensore presso il Padre: è Gesù Cristo, il Giusto. Lui ci giustifica, Lui ci dà la grazia. Uno sente la voglia di dire a questo nonno che ci consiglia così: ‘Ma non è tanto una brutta cosa avere peccati?’. ‘No, il peccato è brutto! Ma se tu hai peccato, guarda che ti aspettano per perdonarti!’. Sempre! Perché Lui – il Signore – è più grande dei nostri peccati”.
Trasparenti e nella verità
Questa, conclude Francesco, “è la misericordia di Dio, è la grandezza di Dio”. Sa che “siamo niente”, che  soltanto “da Lui” viene la forza e dunque “sempre ci aspetta:
“Non andare con un piede nella luce e l’altro nelle tenebre. Non essere bugiardi. E l’altra: tutti abbiamo peccato. Nessuno può dire: ‘Questo è un peccatore; questa è una peccatrice. Io, grazie a Dio, sono giusto’. No, soltanto uno è Giusto, quello che ha pagato per noi. E se qualcuno pecca, Lui ci aspetta, ci perdona, perché è misericordioso e sa bene di che siamo plasmati e ricorda che noi siamo polvere. Che la gioia che ci dà questa Lettura ci porti avanti nella semplicità e nella trasparenza della vita cristiana, soprattutto quando ci rivolgiamo al Signore. Con la verità”.

giovedì 28 aprile 2016

Grazie San Luigi Maria Grignion da Montfort

Totus Tuus ego sum,MARIA,

et omnia mea tua sunt!

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Grazie San Luigi Maria Grignion da Montfort e oggi chiedo ancor di più la tua potente intercessione presso MARIA SS.
In questo Santo giorno che la chiesa ti onora come Santo.
Lui che insegna ad essere "Shiavi d'amore di Maria SS."
Grazie San Luigi Maria Grignion da Montfort per avermi insegnato ad essere uno "Schiavo di Maria SS." Grazie!
E chiedo la tua potente intercessione affinché possa esserlo sempre fino alla fine dei miei giorni e spronare altri fratelli e sorelle a diventare "Schiavi di Maria SS."
Trattato della vera devozione alla santa vergine e il segreto di Maria

Totus Tuus ego sum,MARIA,

et omnia mea tua sunt!

Papa: anche oggi resistenze allo Spirito nella Chiesa, ma Lui le vince

Che parole splendide.... sempre semplici da capire e ricolme della potenza dello Spirito Santo e Verità... aggiungere altro vuol dire farsi più grandi e più saccenti di DIO.Grazie Papa Francesco!

2016-04-28 Radio Vaticana







Anche oggi nella Chiesa, come ieri, ci sono le resistenze alle sorprese dello Spirito di fronte alle nuove situazioni, ma Lui ci aiuta a vincerle e ad andare avanti, sicuri, sulla strada di Gesù: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:
 
Calorose discussioni nella Chiesa, ma il protagonista è lo Spirito Santo
Commentando il celebre brano degli Atti degli Apostoli sul cosiddetto “Concilio” di Gerusalemme, il Papa osserva che “il protagonista della Chiesa” è lo Spirito Santo. “E’ Lui che dal primo momento ha dato la forza agli apostoli di proclamare il Vangelo”, è “lo Spirito che fa tutto, lo Spirito che porta la Chiesa avanti”, anche “con i suoi problemi”, anche “quando scoppia la persecuzione” è Lui “che dà la forza ai credenti per rimanere nella fede”, anche nei momenti “di resistenze e di accanimento dei dottori della legge”. In questo caso, c’è una duplice resistenza all’azione dello Spirito: quella di chi credeva che “Gesù fosse venuto soltanto per il popolo eletto” e quella di chi voleva imporre la legge mosaica, compresa la circoncisione, ai pagani convertiti. Il Papa nota che allora “ci fu una grande confusione in tutto questo”:
“Lo Spirito metteva i cuori su una strada nuova: erano le sorprese dello Spirito. E gli apostoli si sono trovati in situazioni che mai avrebbero creduto, situazioni nuove. E come gestire queste nuove situazioni? Per questo il brano di oggi, il passo di oggi, incomincia così: ‘In quei giorni, poiché era sorta una grande discussione’, una calorosa discussione, perché discutevano su questo argomento. Loro, da una parte, avevano la forza dello Spirito – il protagonista – che spingeva ad andare avanti, avanti, avanti… Ma lo Spirito li portava a certe novità, certe cose che mai erano state fatte. Mai. Neppure le avevano immaginate. Che i pagani ricevessero lo Spirito Santo, per esempio”.
Chi ha paura di ascoltare non ha lo Spirito nel cuore
I discepoli “avevano la patata bollente nelle mani e non sapevano che fare”. Così, convocano una riunione a Gerusalemme dove ognuno può raccontare la propria esperienza, di come lo Spirito Santo scenda anche sui pagani:  
“E alla fine si sono messi d’accordo. Ma prima c’è una cosa bella: ‘Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo, che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni, in mezzo a loro’. Ascoltare, non avere paura di ascoltare. Quando uno ha paura di ascoltare, non ha lo Spirito nel suo cuore. Ascoltare: ‘Tu che pensi e perché?’. Ascoltare con umiltà. E dopo avere ascoltato, hanno deciso di inviare alle comunità greche, cioè ai cristiani che sono venuti dal paganesimo, inviare alcuni discepoli per tranquillizzarli e dirgli: ‘Sta bene, andate così’”.
Novità mondane e novità dello Spirito
I pagani convertiti non sono obbligati alla circoncisione. E' una decisione comunicata attraverso una lettera in cui “il protagonista è lo Spirito Santo”. Infatti, i discepoli affermano: “Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso…”. Questa – afferma il Papa - è la strada della Chiesa “davanti alle novità, non le novità mondane, come sono le mode dei vestiti”, ma “le novità, le sorprese dello Spirito, perché lo Spirito sempre ci sorprende. E come risolve la Chiesa questo? Come affronta questi problemi, per risolverli? Con la riunione, l’ascolto, la discussione, la preghiera e la decisione finale”:
“Questa è la strada della Chiesa fino ad oggi. E quando lo Spirito ci sorprende con qualcosa che sembra nuova o che ‘mai si è fatto così’, ‘si deve fare così’, pensate al Vaticano II, alle resistenze che ha avuto il Concilio Vaticano II, e dico questo perché è il più vicino a noi. Quante resistenze: ‘Ma no…’. Anche oggi resistenze che continuano in una forma o in un’altra, e lo Spirito che va avanti. E la strada della Chiesa è questa: riunirsi, unirsi insieme, ascoltarsi, discutere, pregare e decidere. E questa è la cosiddetta sinodalità della Chiesa, nella quale si esprime la comunione della Chiesa. E chi fa la comunione? E’ lo Spirito! Un’altra volta il protagonista. Cosa ci chiede il Signore? Docilità allo Spirito. Cosa ci chiede il Signore? Non avere paura, quando vediamo che è lo Spirito che ci chiama”.
La Chiesa sin dall'inizio ha affrontato le sorprese dello Spirito
“Lo Spirito - rileva il Papa - delle volte ci ferma”, come ha fatto con San Paolo, per farci andare da un’altra parte, “non ci lascia soli”, “ci dà il coraggio, ci dà la pazienza, ci fa andare sicuri sulla strada di Gesù, ci aiuta a vincere le resistenze e ad essere forti nel martirio”. “Chiediamo al Signore - ha concluso - la grazia di capire come va avanti la Chiesa, di capire come dal primo momento ha affrontato le sorprese dello Spirito e, anche, per ognuno di noi la grazia della docilità allo Spirito, per andare sulla strada che il Signore Gesù vuole per ognuno di noi e per tutta la Chiesa”.

mercoledì 27 aprile 2016

Molto significativa questa seconda lettura "dell'ufficio" di oggi.

Dalla «Lettera a Diogneto»  (Capp. 5-6; Funk, pp. 397-401)

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I cristiani nel mondoI cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano di un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere di vita. La loro dottrina non è stata inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.
Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il talamo.
Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi.
Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia.
Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l'onore. Pur facendo il bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pagani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.
In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. L'anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile.
La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all'anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male.
Sebbene ne sia odiata, l'anima ama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sorreggono il mondo. L'anima immortale abita in una tenda mortale, così anche i cristiani sono come dei pellegrini in viaggio tra cose corruttibili, ma aspettano l'incorruttibilità celeste.
L'anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventa migliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni giorno. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare.

San Giovanni Bosco

PAPA san giovanni bosco

Altro grande insegnamento di Papa Francesco per i "farisei" dei nostri giorni.

2016-04-27 Radio Vaticana







Papa Francesco, oggi all’udienza generale, ha svolto la sua catechesi sulla parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,25-37). “Un dottore della Legge – ricorda - mette alla prova Gesù con questa domanda: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (v. 25). Gesù gli chiede di dare lui stesso la risposta, e quello la dà perfettamente: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso» (v. 27). Gesù allora conclude: «Fa’ questo e vivrai» (v. 28)”.
“Allora quell’uomo pone un’altra domanda, che diventa molto preziosa per noi: «Chi è il mio prossimo?» (v. 29), e sottintende: “i miei parenti? I miei connazionali? Quelli della mia religione?...”. Insomma, vuole una regola chiara che gli permetta di classificare gli altri in “prossimo” e “non-prossimo”, quelli che possono diventare prossimi e quelli che non possono diventare prossimi”.
“E Gesù risponde con una parabola, che mette in scena un sacerdote, un levita e un samaritano. I primi due sono figure legate al culto del tempio; il terzo è un ebreo scismatico, considerato come uno straniero, pagano e impuro, cioè il samaritano. Sulla strada da Gerusalemme a Gerico il sacerdote e il levita si imbattono in un uomo moribondo, che i briganti hanno assalito, derubato e abbandonato. La Legge del Signore in situazioni simili prevedeva l’obbligo di soccorrerlo, ma entrambi passano oltre senza fermarsi”.
A braccio ha aggiunto: “Erano di fretta… Il sacerdote, forse, ha guardato l’orologio e ha detto: ‘Ma, arrivo tardi alla Messa… Devo dire Messa’. E l’altro ha detto: ‘Ma, non so se la Legge me lo permette, perché c’è il sangue lì e io sarò impuro…’.  Vanno per un’altra strada e non si avvicinano”.
“E qui – ha proseguito - la parabola ci offre un primo insegnamento: non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo”. “Non è automatico! – ha detto parlando di nuovo a braccio -Tu puoi conoscere tutta la Bibbia, tu puoi conoscere tutte le rubriche liturgiche, tu puoi conoscere tutta la teologia, ma dal conoscere non è automatico l’amare: l’amare ha un’altra strada, l’amore ha un’altra strada. Con intelligenza, ma qualcosa di più…”.  
“Il sacerdote e il levita vedono, ma ignorano; guardano, ma non provvedono. Eppure non esiste vero culto se esso non si traduce in servizio al prossimo. Non dimentichiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spettatori. Ignorare la sofferenza dell’uomo, cosa significa? Significa ignorare Dio! Se io non mi avvicino a quell’uomo, a quella donna, a quel bambino, a quell’anziano o a quell’anziana che soffre, non mi avvicino a Dio”.
“Ma veniamo al centro della parabola: il samaritano, cioè proprio quello disprezzato, quello sul quale nessuno avrebbe scommesso nulla, e che comunque aveva anche lui i suoi impegni e le sue cose da fare, quando vide l’uomo ferito, non passò oltre come gli altri due, che erano legati al Tempio, ma «ne ebbe compassione» (v. 33). Così dice il Vangelo: ‘Ne ebbe compassione’, cioè il cuore, le viscere, si sono commosse! Ecco la differenza. Gli altri due “videro”, ma i loro cuori rimasero chiusi, freddi. Invece il cuore del samaritano era sintonizzato con il cuore stesso di Dio. Infatti, la “compassione” è una caratteristica essenziale della misericordia di Dio”. 
“Dio ha compassione di noi. Cosa vuol dire? Patisce con noi, le nostre sofferenze Lui le sente. Compassione: ‘compartire con’. Il verbo indica che le viscere si muovono e fremono alla vista del male dell’uomo. E nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza. E’ la stessa compassione con cui il Signore viene incontro a ciascuno di noi: Lui non ci ignora, conosce i nostri dolori, sa quanto abbiamo bisogno di aiuto e di consolazione. Ci viene vicino e non ci abbandona mai”.
A braccio ha aggiunto: “Ma possiamo, ognuno d noi, farci la domanda e rispondere nel cuore: ‘Io ci credo? Io credo che il Signore ha compassione di me, così come sono, peccatore, con tanti problemi e tanti cose?’. Pensare a quello e la risposta è: ‘Sì!’. Ma ognuno deve guardare nel cuore se ha la fede in questa compassione di Dio, di Dio buono che si avvicina, ci guarisce, ci carezza. E se noi lo rifiutiamo, Lui aspetta: è paziente! Sempre accanto a noi”.
“Il samaritano si comporta con vera misericordia: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende cura personalmente e provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Ecco il Comandamento del Signore”.
“Conclusa la parabola, Gesù ribalta la domanda del dottore della Legge e gli chiede: «Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (v. 36). La risposta è finalmente inequivocabile: «Chi ha avuto compassione di lui» (v. 27). All’inizio della parabola per il sacerdote e il levita il prossimo era il moribondo; al termine il prossimo è il samaritano che si è fatto vicino. Gesù ribalta la prospettiva: non stare a classificare gli altri per vedere chi è prossimo e chi no. Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione, cioè hai quella capacità di patire con l’altro”.  
Il Papa conclude: “Questa parabola è uno stupendo regalo per tutti noi, e anche un impegno! A ciascuno di noi Gesù ripete ciò che disse al dottore della Legge: «Va’ e anche tu fa’ così» (v. 37). Siamo tutti chiamati a percorrere lo stesso cammino del buon samaritano, che è figura di Cristo: Gesù si è chinato su di noi, si è fatto nostro servo, e così ci ha salvati, perché anche noi possiamo amarci come Lui ci ha amato, allo stesso modo. Grazie!”.

martedì 26 aprile 2016

Papa: il clericalismo deforma la Chiesa, i laici sono protagonisti

Una lettera colma di Spirito Santo.... scritta dal nostro Santo Padre Papa Francesco... che tocca punti cruciali fondamentali ....dalla Santa Chiesa,dal nostro essere Cristiani e sopratutto dell'azione del Paraclito che tocca tutti indistintamente.

2016-04-26 Radio Vaticana







“La Chiesa non è una élite di sacerdoti” e lo Spirito Santo “non è solo ‘proprietà’ della gerarchia ecclesiale”, che deve sempre “incoraggiare” e “stimolare” gli sforzi che i laici compiono per testimoniare il Vangelo nella società. Papa Francesco ha voluto contribuire con una lettera al cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontifica Commissione per l’America Latina, al lavoro svolto all’inizio di marzo dall’organismo proprio “sull’indispensabile impegno dei laici nella vita pubblica” dei Paesi latinoamericani. Il servizio di Alessandro De Carolis:
 
“Non è mai il pastore a dover dire al laico quello che deve fare e dire, lui lo sa tanto e meglio di noi. Non è il pastore a dover stabilire quello che i fedeli devono dire nei diversi ambiti”. È netto come d’abitudine, Papa Francesco, nel riaffermare dove si trovi il punto di equilibrio del rapporto prete-laico cristiano e nel mettere a fuoco le “tentazioni” del clero che, spostando talvolta questo equilibrio, inducono in errori e alimentano derive.
Nella lettera al cardinale Ouellet, Francesco parla dei laici latinoamericani, anche se il valore delle sue considerazioni è chiaramente universale. Una delle “deformazioni più grandi” del rapporto sacerdote-laico, denuncia, è il “clericalismo” che, annullando da un lato “la personalità dei cristiani” e sminuendo “la grazia battesimale”, finisce dall’altro per generare una sorta di “élite laicale”, per cui i laici impegnati sono “solo quelli che lavorano in cose ‘dei preti’”. Senza rendercene conto, insiste, “abbiamo dimenticato, trascurandolo, il credente che molte volte brucia la sua speranza nella lotta quotidiana per vivere la fede”. E queste sono “le situazioni che il clericalismo non può vedere, perché è più preoccupato a dominare spazi che a generare processi”.
Invece, sottolinea il Papa, anzitutto mai dimenticare che la “nostra prima e fondamentale consacrazione affonda le sue radici nel nostro Battesimo. Nessuno è stato battezzato prete né vescovo. Ci hanno battezzati laici ed è il segno indelebile che nessuno potrà mai cancellare”. E poi, stare in mezzo al gregge, in mezzo al popolo: ascoltarne i palpiti, fidarsi della “sua memoria” e del suo “olfatto”, confidando che “lo Spirito Santo agisce in e con esso, e che questo “Spirito non è solo ‘proprietà’ della gerarchia ecclesiale”. Questo, avverte Francesco, “ci salva” da certi slogan che “sono belle frasi ma che non riescono a sostenere la vita delle nostre comunità. Per esempio – dice – ricordo “la famosa frase: ‘È l’ora dei laici’ ma sembra che l’orologio si sia fermato”.
“La Chiesa – prosegue ancora Francesco – non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi”, ma “tutti formiano il Santo Popolo fedele di Dio” e dunque, scrive, “il fatto che i laici stiano lavorando nella vita pubblica” significa per vescovi e sacerdoti “cercare il modo per poter incoraggiare, accompagnare” tutti “i tentativi e gli sforzi che oggi già si fanno per mantenere viva la speranza e la fede in un mondo pieno di contraddizioni, specialmente per i più poveri, specialmente con i più poveri. Significa, come pastori, impegnarci in mezzo al nostro popolo e, con il nostro popolo, sostenere la fede e la sua speranza”, promuovendo “la carità e la fraternità, il desiderio del bene, della verità e della giustizia”.
“È illogico, e persino impossibile – rimarca ancora il Papa – pensare che noi come pastori dovremmo avere il monopolio delle soluzioni per le molteplici sfide che la vita contemporanea ci presenta”. “Non si possono dare direttive generali per organizzare il popolo di Dio all’interno della sua vita pubblica”. Al contrario, indica, “dobbiamo stare dalla parte della nostra gente, accompagnandola nelle sue ricerche e stimolando quell’immaginazione capace di rispondere alla problematica attuale”. Per la sua “realtà” e “identità”, perché “immerso nel cuore della vita sociale, pubblica e politica”, dobbiamo riconoscere – soggiunge Francesco – che il laico ha bisogno di nuove forme di organizzazione e di celebrazione della fede”.
Al clericalismo che pilota, uniforma, fabbrica “mondi e spazi cristiani”, va opposta – asserisce Francesco – la cura della “pastorale popolare”, tipica dell'America Latina, perché, “se ben orientata”, è “ricca di valori”, di una “sete genuina” di Dio, di “pazienza”, di “senso della croce nella vita quotidiana, di “dedizione” e capace di “generosità e sacrificio fino all’eroismo”. “Nel nostro popolo – ricorda – ci viene chiesto di custodire due memorie. La memoria di Gesù Cristo e la memoria dei nostri antenati”. “Perdere la memoria è sradicarci dal luogo da cui veniamo e quindi non sapere neanche dove andiamo”. Quando “sradichiamo un laico dalla sua fede, da quella delle sue origini; quando lo sradichiamo dal Santo Popolo fedele di Dio, lo sradichiamo dalla sua identità battesimale e così lo priviamo della grazia dello Spirito Santo”. “Il nostro ruolo, la nostra gioia, la gioia del pastore – conclude – sta proprio nell’aiutare e nello stimolare, come hanno fatto molti prima di noi, madri, nonne e padri, i veri protagonisti della storia. Non per una nostra concessione di buona volontà, ma per diritto e statuto proprio. I laici sono parte del Santo Popolo fedele di Dio e pertanto sono i protagonisti della Chiesa e del mondo; noi siamo chiamati a servirli, non a servirci di loro”.

lunedì 25 aprile 2016

No all'aborto.... è un servizio a satana!

Condivido pubblicamente,quanto un fratello mi ha mandato in "messaggio privato" da diffondere a chiunque.
Lo faccio più che volentieri,visto che l'aborto è un servizio a satana,è un omicidio consumato sull'altare del demonio stesso.
Invito pertanto a quante persone lo vedano di condividerlo per aiutare tante anime in difficoltà,in special modo tutte quelle donne abbandonate a loro stesse che non sanno quel che stanno facendo.
DIO benedica chiunque condividerà questo post.
W CRISTO RE
Jesus is coming back!
Maranathà-Vieni Signore Gesù!

Francesco ai carcerati: tenete accesa la luce della speranza

2016-04-25 Radio Vaticana







"Dio vi ama sempre, non hanno importanza gli errori che avete commesso". E’ quanto scrive Papa Francesco ai detenuti della Casa circondariale di Velletri. Lo scorso 5 marzo, il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, aveva visitato il carcere di Velletri e in quell’occasione i detenuti gli avevano affidato una lettera per il Papa che ha risposto. Non lasciatevi “rinchiudere nel passato”, è l’esortazione di Francesco, “la vera misura del tempo non è quella dell’orologio”, “si chiama speranza”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
 
“Vi ringrazio per aver pensato a me in mezzo alle difficoltà delle vostre situazioni di vita attuale”. Inizia così, in un modo che non ti aspetti, la lettera di Francesco ai detenuti del carcere di Velletri. E’ il Papa che ringrazia e subito sottolinea che anche lui tante volte pensa alle persone che vivono in carcere. “Per questo motivo – soggiunge – nelle mie visite pastorali domando sempre, quando ciò è possibile di poter incontrare” chi vive “una libertà limitata, per portargli l’affetto e la vicinanza”. E anche per questo ha voluto che nell’Anno Santo della Misericordia, vi fosse un giubileo dei carcerati.
La vera misura del tempo si chiama speranza
“Carissimi – scrive Francesco – voi vivete un’esperienza nella quale il tempo sembra si sia fermato, sembra non finisca mai. Ma la vera misura del tempo non è quella dell’orologio”. “La vera misura del tempo – sottolinea – si chiama speranza! Ed io desidero che ognuno di voi tenga sempre ben accesa la luce della speranza della fede per illuminare la vostra vita!” . Di qui l’esortazione a pregare il Signore perché riempia il tempo di vera speranza.
Dio ci ama nonostante gli errori che abbiamo compiuto
“Siate certi sempre – è l’incoraggiamento del Papa – che Dio vi ama personalmente, per Lui non ha importanza la vostra età o la vostra cultura, non ha importanza nemmeno che cosa siete stati, le cose che avete fatto, i traguardi che avete ottenuto, gli errori che avete commesso, le persone che abbiamo ferito”. Per questo, ribadisce, “non lasciatevi rinchiudere nel passato, anzi trasformatelo in cammino di crescita, di fede e di carità. Date a Dio la possibilità di farvi brillare attraverso questa esperienza!”
Con Cristo tutto è possibile, può capovolgere la nostra situazione
Nella storia della Chiesa, ricorda poi il Papa, “tanti Santi sono arrivati alla santità attraverso delle esperienze dure e difficili!”. Dunque, conclude la lettera, “aprite la porta del vostro cuore a Cristo, e sarà Cristo a capovolgere la vostra situazione. Con Cristo è possibile tutto ciò!”

domenica 24 aprile 2016

Il Papa ai giovani: la felicità non ha prezzo, non è una App

2016-04-24 Radio Vaticana







http://www.news.va/it/news/il-papa-ai-giovani-la-felicita-non-ha-prezzo-non-e
“Non accontentatevi della mediocrità, di ‘vivacchiare’ stando comodi e seduti”. Il Papa si è rivolto in questo modo nell’omelia agli oltre 70 mila ragazzi, e ai loro accompagnatori, questa mattina a Piazza San Pietro per la Messa del Giubileo dei Ragazzi. Arrivati da ogni parte d’Italia e del mondo, hanno affollato la piazza fin dalla prima mattinata. Da Francesco, un invito a costruire il futuro “insieme agli altri e per gli altri, mai contro qualcun altro”, basando tutto sull'amore "carta d'identità del cristiano". Il servizio di Alessandro Guarasci:
 
E' libero chi sceglie il bene
Francesco invita i giovani a scegliere sempre e comunque il bene. Dunque, “la libertà non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri; non è vero che quando io sto bene tutto va bene”. E allora, ecco che bisogna saper distinguere, fa capire il Papa, perché, “è libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso. Ma solo con scelte coraggiose e forti si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita”. 
La felicità non è un'app, non ha prezzo
Le scelte che quindi i ragazzi sono chiamati a fare, sono definite dal Papa “coraggiose e forti”, perché solo con esse “si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita”. Dunque, no alla “mediocrità”:
"Non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda. La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una ‘app’ che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore”.
Insomma, anche questi giovani - molti di loro oggi a San Pietro non hanno più di 16 anni - sono chiamati a scelte radicali.
L’amore si nutre di fiducia, di rispetto e di perdono
Per fare queste scelte radicali, serve “un impegno radicale di chi sa di realizzare grandi sogni”, "se un giovane non sa sognare è già andato in pensione". La via dunque è segnata: “L’amore si nutre di fiducia, di rispetto e di perdono. L’amore non si realizza perché ne parliamo, ma quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica”. Ed ancora:
“Quando amare sembra pesante, quando è difficile dire di no a quello che è sbagliato, guardate la croce di Gesù, abbracciatela e non lasciate la sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi risolleva quando cadete”.
Chiamati a costruire il futuro assieme agli altri
Il Papa dimostra di avere fiducia nei giovani: il futuro della Chiesa si fonda anche su di loro. “So che siete capaci di gesti di grande amicizia e bontà – dice Francesco - siete chiamati a costruire così il futuro: insieme agli altri e per gli altri, mai contro qualcun altro! Farete cose meravigliose se vi preparate bene già da ora, vivendo pienamente questa vostra età così ricca di doni, e senza aver paura della fatica":
"Fate come i campioni sportivi, che raggiungono alti traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno. Il vostro programma quotidiano siano le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diventare campioni di vita! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. E la vostra gioia sarà piena”.
L'amore è la carta d'identità del cristiano
Gesù dunque è la via. Per il Papa “anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso. E questo è tanto importante! Perché la minaccia principale, che impedisce di crescere bene, è quando a nessuno importa di te, quando senti che vieni lasciato in disparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te”. L'amore, in fondo, è "la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù", Un amore "concreto" che non è, avverte il Papa, una "telenovela".
Se cadete, alzatevi, Dio vi vuole in piedi!
Quando si sbaglia bisogna avere il coraggio di andare avanti. "Nella vita - fa notare il Santo Padre - sempre si cade, perché siamo peccatori, siamo deboli. Ma c’è la mano di Gesù che risolleva noi, che ci alza. Gesù ci vuole in piedi! Quella parola bella che Gesù diceva ai paralitici: 'Alzati!'. Dio ci ha creati per essere in piedi. C’è una bella canzone che cantano gli alpini quando salgono sui pendii. La canzone dice così: 'Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!”. Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano, conclude, "tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompagnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì. Alzatevi. Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi".

venerdì 22 aprile 2016

Santa Caterina da Siena

Francesco: il cristiano non può tacere l’annuncio di Gesù

2016-04-22 Radio Vaticana








Annuncio, intercessione, speranza. E’ il trinomio su cui si è incentrata l’omelia di Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che il cristiano è una persona di speranza, “che spera che il Signore torni”. Dal Pontefice anche un’esortazione ad avere il coraggio dell’annuncio come gli Apostoli che hanno testimoniato la Risurrezione di Gesù anche a costo della vita. Proprio oggi ricorre il 43.mo anniversario della professione religiosa di Jorge Mario Bergoglio. Il servizio di Alessandro Gisotti:
 
Tre dimensioni della vita cristiana: “annuncio, intercessione, speranza”. Papa Francesco ha preso spunto dalle Letture del giorno per sviluppare la sua meditazione su questo trinomio che deve contraddistinguere la vita di un credente. Il cuore dell’annuncio per un cristiano, ha osservato, è che Gesù è morto ed è risorto per noi, per la nostra salvezza.
Annunciare Gesù anche a costo della vita, come fecero gli Apostoli
“Gesù è vivo! Questo – ha rammentato – è l’annuncio degli Apostoli ai giudei e ai pagani del loro tempo e questo annuncio è stato testimoniato anche con la loro vita, con il loro sangue”:
“Quando Giovanni e Pietro sono stati portati al Sinedrio, dopo la guarigione dello storpio, e i sacerdoti hanno proibito loro di parlare di questo nome di Gesù, della Resurrezione, loro con tutto il coraggio, con tutta la semplicità dicevano: ‘Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato’, l’annuncio. E noi cristiani per la fede abbiamo lo Spirito Santo dentro di noi, che ci fa vedere e ascoltare la verità su Gesù, che è morto per i nostri peccati ed è risorto. Questo è l’annuncio della vita cristiana: Cristo è vivo! Cristo è risorto! Cristo è fra noi nella comunità, ci accompagna nel cammino”.
Tante volte, ha commentato, si "fa fatica a ricevere questo annuncio”, ma Cristo risorto “è una realtà” ed è necessario dare “testimonianza di questo”, come afferma Giovanni.
Gesù intercede per noi mostrando le sue piaghe al Padre
Dopo la dimensione dell’annuncio, Francesco ha rivolto il pensiero all’intercessione. Durante la Cena del Giovedì Santo, ha affermato, gli Apostoli erano tristi, Gesù dice: “Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Vado a prepararvi un posto”:
“Cosa vuol dire questo? Come prepara il posto Gesù? Con la sua preghiera per ognuno di noi. Gesù prega per noi e questa è l’intercessione. Gesù lavora in questo momento con la sua preghiera per noi. Così come a Pietro ha detto una volta ‘Pietro io ho pregato per te’, prima della passione, così adesso Gesù è l’intercessore fra il Padre e noi”.
Chiediamoci se Gesù è davvero la nostra speranza
E come prega Gesù?, si chiede Francesco. Io, risponde, “credo che Gesù faccia vedere le piaghe al Padre, perché le piaghe se le è portate con sé, dopo la Resurrezione: fa vedere le piaghe al Padre e nomina ognuno di noi”. Questa, ha ripreso, “è la preghiera di Gesù. In questo momento Gesù intercede per noi: è l’intercessione”. Infine, il Papa si sofferma sulla terza dimensione del cristiano: la speranza. “Il cristiano – ha detto – è una donna, è un uomo di speranza, che spera che il Signore torni”. Tutta la Chiesa, ha proseguito, “è in attesa della venuta di Gesù: Gesù tornerà. E questa è la speranza cristiana”:
“Possiamo domandarci, ognuno di noi: com’è l’annuncio nella mia vita? Com’è il mio rapporto con Gesù che intercede per me? E com’è la mia speranza? Ci credo davvero che il Signore è risorto? Credo che prega per me il Padre? Ogni volta che io lo chiamo, Lui sta pregando per me, intercede. Credo davvero che il Signore tornerà, verrà? Ci farà bene domandarci questo sulla nostra fede: credo nell’annuncio? Credo nell’intercessione? Sono un uomo o una donna di speranza?”.